I minerali presenti a Montieri erano dei composti di zolfo, argento, piombo, rame e ferro detti “solfuri misti”. Da questi minerali si poteva estrarre l’argento (Ag) ed il rame (Cu) per la realizzazione delle monete, nel Medioevo fatte per la maggior parte in una mistura di argento e rame. Il ciclo di produzione dei metalli monetabili si divideva in tre fasi principali:
Estrazione
Una volta individuato il minerale si procedeva si procedeva alla sua coltivazione attraverso l’abbattimento del filone. All’interno delle miniere si potevano avere diverse tipologie di gallerie; i condotti principali erano le “gallerie di abbattimento” o di “coltivazione” che seguivano la mineralizzazione, erano presenti anche gallerie di raccordo, che attraversavano uno strato sterile, anche dette “di traverso banco”.
Le gallerie erano areate, attraverso dei piccoli condotti detti “fornelli”. Fra le diverse tipologie di scavo si possono distinguere i “pozzi”, escavazioni verticali che tagliavano trasversalmente il filone e le “gallerie”, scavi che tagliavano il giacimento in modo obliquo o orizzontale. Il minerale portato in superficie era lavorato nelle officine metallurgiche presenti nei dintorni.
Riduzione
Per l’estrazione del metallo si doveva sottoporre il minerale a determinate fasi di cottura al termine delle quali si ottenevano dei “pani” di metallo puri. Il minerale veniva frantumato, lavato e ulteriormente frantumato fino ad ottenere frammenti molto piccoli. Al termine di questa fase, si procedeva ad una prima cottura del minerale, detta arrostimento. Questa operazione avveniva all’interno di ampie fornaci all’interno delle quali, attraverso l’utilizzo di legna secca e l’insufflaggio di aria si raggiungevano temperature comprese fra i 600 e gli 800 °C. Questa fase aveva lo scopo di eliminare lo zolfo presente nel minerale ed avere una migliore separazione del metallo.
Il passaggio successivo era detto “riduzione” o “smelting”. La cottura del minerale avveniva all’interno di fornaci di piccole dimensioni che consentivano un maggior controllo della temperatura. Il minerale veniva fuso ad alte temperature, comprese tra i 1000°C e i 1200°C utilizzando come combustibile legna e carbone di legna.Il processo di scorificazione era favorito dall’aggiunta di sostanze fluidificanti detti fondenti. Il metallo si accomulava sul fondo della fornace mentre la scoria “galleggiava” in superficie permettendone la separazione al momento dell’apertura della fornace. Alla fine di questa fase si otteneva la scoria e il metallo da raffinare, piombo ricco d’argento e rame, detto in questa fase metallina.
Per il rame c’era un ulteriore fase di raffinamento al termine della quale si otteneva un “pane” di rame pronto per essere lavorato. Per la separazione dell’argento dal piombo, invece, si utilizzava un metodo chiamato “coppellazione” dal particolare crogiuolo dove avveniva la fusione, le cui pareti erano costituite da materiale poroso, argilla, cenere e ossa polverizzante, chiamato “coppella”. Al termine di questo processo si otteneva un “pane” di argento.
Trasformazione
I pani d’argento e di rame portati all’interno della zecca venivano sottoposti ad una valutazione della purezza da parte dei saggiatori. Il metallo passava ai fonditori che li fondevano insieme per creare delle barre di mistura. La percentuale di argento e di rame della barra di mistura stabiliva il valore della moneta. Le barre venivano nuovamente saggiate ed in seguito battute, ridotte in lastre di metallo e passate ai tagliatori. Questi le tagliavano in strisce e poi in quadrelli che passavano nelle mani degli affilatori che li stondavano per ottenere dei tondelli.Questa operazione poteva essere fatta sia attraverso il taglio dei bordi sia attraverso la martellatura. Il tondello veniva nuovamente saggiato.
Successivamente gli imbianchitori con sostanze come il tartaro, l’urea o l’allume ossidavano il rame superficiale e asportandolo ne aumentavano la lucentezza. Nell’ultimo passaggio i tondelli venivano consegnati ai monetieri che li coniavano a martello con l’effigie desiderata: i pezzi battuti venivano un’ultima volta controllati, saggiati, pesati e pronti ad essere immessi nel mercato.
Contenuti tratti dalla “Guida Archeologica del Borgo di Montieri” a cura di Jacopo Bruttini. Si ringraziano il Sindaco ed il Comune di Montieri per la gentile concessione.